Femminismo e Islam, la storia di Sveva: 'Vi racconto la mia battaglia'
"Io, femminista convertita all'Islam, lotto contro pregiudizi occidentali e maschilismo"

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Musulmana e femminista: così si definisce Sveva Basirah Bakzini, respingendo al mittente le perplessità di chi crede che abbinare queste due parole significhi semplicemente lasciarsi scappare dalla bocca un ossimoro. Italiana - le sue parole tradiscono uno spiccato accento toscano - e giovanissima (ha appena 19 anni, ma anche idee chiare e una irremovibile determinazione), Sveva si è convertita all'Islam da alcuni anni, entrando in contatto con questa religione attraverso il volontariato con i bambini di origini straniere. Da allora, coniuga fede e attivismo.
Instancabile, Sveva cura un blog - Sono l'unica mia, adesso diventato anche un'associazione -, collabora con Il Grande Colibrì, un progetto di attivismo a favore delle persone LGBT, partecipa a conferenze e incontra i ragazzi nelle scuole, per spiegare che cos'è il femminismo islamico. A FoxLife ha raccontato il suo impegno contro sessismo e omofobia. E perché non è in contraddizione con il velo che porta con orgoglio sulla testa.
Femminista con il velo
Una doppia battaglia, quella di Sveva. Contro sessismo, ma anche contro i pregiudizi: “A volte il femminismo occidentale è colonialista. Come dice una mia amica somala e musulmana, entrare in un circolo femminista significa ricominciare tutto da capo. Spesso è faticoso, perché non si aspettano che tu voglia parlare di determinate cose”.
Una immagine dell'illustratrice brasiliana #CarolRossetti per combattere la discriminazione di genere pic.twitter.com/IJHC3n18M6
— Arianna Censi (@AriannaCensi) December 12, 2014
Punti di vista differenti, non sempre inclusivi: “Vuoi avanzare delle istanze che le altre non considerano come una priorità. La prima volta che sono andata a una riunione di un noto collettivo femminista, c’era una ragazza molto impegnata nei diritti civili, che tiene conferenza. Mi guarda e fa:
Ma ti levi quel cencio dal capo?
La discussione sul velo resta molto attuale: “Si attribuisce al velo una simbologia maschilista che può essere decostruita, ma che non dovrebbero decostruire le persone non musulmane. Come andare a fare antirazzismo per conto di un nero. Lui ti risponde che può farlo autonomamente. Se il velo ha delle interpretazioni maschiliste è perché la società è maschilista: si tratterebbe di un sintomo, non di una causa. E poi bisognerebbe smetterla di dare patenti di femminismo”.
Allah Loves Equality: il documentario
Al Pride di Perugia, Sveva ha portato con sé un cartello con sopra scritto "Allah loves equality": "Si tratta di una una campagna documentaria di Wajahat Abbas Kazmi volta a sensibilizzare le comunità musulmane, in particolare nei Paesi islamici, alle tematiche Lgbt".
Sveva ha poi approfondito: "Purtroppo tra musulmani, a prescindere dalla nazionalità, aleggiano ancora tanti pregiudizi, così come in molti altri gruppi etnico-religiosi. Ho sentito dire che l'Aids sia una patologia generata solo dagli omosessuali, che solo loro possano contrarre il virus dell'HIV. Ho sentito dire che non si nasce così, ma che si tratta di una perversione inculcata dal diavolo".
Una campagna promossa dal Grande Colibrì: "Noi attivisti di questo progetto viviamo a stretto contatto con l'interpretazione non omofoba del Corano di Ludovic-Mohamed Zahed, che ha aperto una bellissima Moschea inclusiva a Parigi. Con il mio progetto Sono l'unica mia abbiamo anche tradotto qualche testimonianza. Su questo aspetto, la lotta al maschilismo è funzionale anche per combattere l'omofobia, dato che tra le colpe maggiori degli uomini omosessuali c'è proprio quella di essere solo delle 'femminucce'".
Islam, le sue interpretazioni
L'Islam è un universo troppo vasto, secondo Sveva è impossibile ridurlo a semplificazioni per condannare l'omosessualità: “Bisogna essere flessibili, accettando delle realtà non semplificate. La realtà non è semplice e nemmeno l’Islam lo è. Molti musulmani credono che la nostra religione sia chiara, facilmente decifrabile, ma non è così. Certo, ci sono dei valori rintracciabili senza problemi nel Corano e negli hadith. Ma poi c’è da fare un lavoro di contestualizzazione che rendono l’Islam qualcosa di non semplice”.
Lavorare sulle interpretazioni, per Sveva è necessario: “Alcune parole hanno diverso significato, oppure il significato può svilupparsi nel tempo. Per questo nell’Islam ci sono tantissime correnti di pensiero. Basti pensare all’orientamento sessuale o al sesso: alcune correnti sono molto liberatorie, altre piuttosto sessuofobiche. Per esempio, alcune correnti prevedono il mutʿa, il matrimonio temporaneo.
Il Corano, insomma, non è affatto sessuofobico
Islam e sesso
Sveva ha poi approfondito il tema del sesso nel Corano: “Alcune pratiche sono state viste come proibite, ma in realtà non c’è nessuna parte del Corano che le vieta: per esempio la masturbazione. E’ stata estrapolata questa interpretazione da alcuni versetti che potrebbero riferirsi benissimo alla pedofilia, o in generale al sesso come sopraffazione”.
Una chiave di lettura, questa dell’autoerotismo non condannato dal testo sacro ai musulmani, già proposta dall’imam Alyas Karmani, di Bradford in Inghilterra, laureato in psicologia all’università di Glasgow. Nel suo documentario ‘The Muslim sex doctor’ spiega come in nessun luogo del Corano si vieti esplicitamente la masturbazione.
@Sharing_Voices chair Alyas Karmani speaking at the 'working proactively with men to prevent sexual violence' event alongside @CllrRalphBerry @rdunbar83 need for greater awareness https://t.co/JeoOz7dggQ pic.twitter.com/ZjPQEvPtxs
— Sharing Voices BD (@Sharing_Voices) June 28, 2018
Il proliferare di interpretazioni contro il sesso, Sveva se lo spiega così: “Secondo me ha ragione chi dice che nella ‘competizione’ con il cattolicesimo si è cercato di inseguire quel concetto di purezza ribadito dalla religione cristiana, quel purismo che bandisce il sesso e che lo vede come peccato. Quindi sì, queste interpretazioni possono essersi sviluppate nella competizione con il Cristianesimo sul campo della purezza dal peccato. D’altronde, durante le crociate i cristiani credevano che i musulmani fossero dei porci. Forse anche da lì è iniziata la diatriba”.
Femminismo e Islam: minacce e denunce
Dicevamo: una doppia battaglia. Non sempre facile da condurre: “Ho ricevuto tante critiche, alcune anche costruttive. Ma ho ricevuto anche tanti insulti e minacce. Per esempio, ora sto per denunciare una ragazza musulmana che in un gruppo Facebook di 14mila persone circa di cui è amministratrice, mi ha augurato la morte, dicendo che dovrebbero picchiarmi la testa a sangue, che sono un’idiota e una malata psichiatrica. Come se, tra l’altro, questo fosse un insulto”.
Whether she earns or not she has been given the guarantee of complete economic maintenance; man is responsible for that.#FeminismAndIslam pic.twitter.com/33UIliwdVn
— Ayesha Shah ( 21 July Hadina's BDay #BFF ) (@AyeXhah) April 8, 2018
Sveva ha proseguito: “Ricevo messaggi in arabo o in inglese che mi scrivono che andrò all’inferno. Un altro mi ha detto che sono posseduta dal diavolo. E poi sono schiacciata dall’islamofobia occidentale e il sessismo diffuso tra i musulmani. A volte questo mi scoraggia: da una parte c’è chi dice che finirò all’inferno, dall’altra c’è chi, in quanto italiana convertita all’Islam, mi dice che sono una traditrice della patria”.
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